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Dolore ai polsi e yoga, ecco come evitarlo

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Dolore ai polsi e yogaDurante la lezione di Yoga o Pilates può accadere di avvertire dolore ai polsi. Pur essendo un’articolazione molto flessibile che consente di eseguire una miriade di movimenti, i polsi sono composti da tanti piccole ossa e legamenti che nel corso della giornata possono essere sottoposti a tanti stress. Pensate per esempio a chi lavora molto al computer ed è costretto a dialogare tutto il giorno con la tastiera o a chi trasporta carichi pesanti. I polsi sono una parte delicata del nostro corpo che va maneggiata con cura, soprattutto prestando attenzione a un corretto allineamento per evitare ripetute situazioni di stress.

Dolore ai polsi e yoga: perché succede?

Perché i polsi fanno male durante la lezione di yoga? Spesso accade nelle pose in cui il peso grava maggiormente su questa parte del corpo, come per esempio nel cane a faccia in giù o nella panca. Ma, in assenza di patologie specifiche come il tunnel carpale o l’artrosi per le quali è bene consultare un medico specialista, questo non è di certo un motivo valido per abbandonare la pratica.  Il polso è composto da otto ossicine dette ossa carpali più una serie di piccoli legamenti che ci consentono di eseguire movimenti fini, di precisione, del pollice e delle altre dita  necessari per scrivere, dipingere, sfogliare una rivista: quando le ossa carpali entrano in contatto con il radio (che insieme all’ulna rappresenta le ossa dell’avambraccio), se la muscolatura è troppo rigida o l’articolazione debole, può insorgere una sensazione di dolore al polso.

Esercizi per evitare il dolore ai polsi

Ci sono dei piccoli stratagemmi da applicare per rinforzare e proteggere l’articolazione e renderla più stabile, riducendo di molto il dolore ai polsi. Provate per esempio ad eseguire degli esercizi per rinforzare la muscolatura dell’avambraccio, come se faceste delle ripetizioni per i bicipiti, ma con un carico meno pesante o addirittura senza alcun peso: mantenete in orizzontale gli avambracci e piegate e distendete ripetutamente i polsi. Utilissima allo scopo può essere anche una pallina da premere e rilasciare. Alternate gli esercizi di potenziamento con lo stretching eseguendo per esempio la posa della preghiera giungendo il palmo di entrambe le mani all’altezza del viso per farle scendere fino al petto, fin quando gli avambracci saranno in posizione orizzontale e la sensazione di stretching sarà maggiore. Dedicate almeno una settimana a questo lavoro prima di riprendere ad eseguire le posizioni che provocavano dolore ai polsi: se il fastidio è particolarmente intenso può essere la spia di infiammazione in corso che richiede un po’ di riposo per questa delicata parte del corpo.

Seguite questa breve sequenza per distendere e rafforzare i muscoli.

Mai più dolore ai polsi nella lezione di yoga

Quando ci si trova sul tappetino di yoga bisogna prestare attenzione all’allineamento di spalle, gomiti e polsi: questa condizione permette ai muscoli di lavorare in sinergia riducendo il carico sulle articolazioni.   Per esempio, nelle pose che prevedono uno spostamento del peso a carico di spalle e polsi, come quelle di cui abbiamo parlato più su (panca, quadrupedia e cane a faccia in giù), posizionate le mani alla larghezza delle spalle in modo da distribuire equamente il peso ed eseguire movimenti più controllati. Allargate le dita della mano e premete i polpastrelli sul tappetino, facendo in modo che il dito medio punti in avanti e ricordandoci di premere anche il pollice, importantissimo per stabilizzare il polso: l’unico punto che deve rimanere sollevato come a formare una cupola è la parte del palmo tra il pollice e l’indice. Durante la lezione potete anche diminuire la sollecitazione sui polsi mettendo un piccolo spessore (per esempio, il bordo del tappetino ripiegato tre o quattro volte) sotto la mano, riducendo poi progressivamente l’altezza dello spessore in funzione del graduale miglioramento di forza e flessibilità. Pensate infine alla possibilità di sostituire il tappetino: un materiale troppo soffice può aggiungere un’ulteriore compressione all’articolazione, meglio quindi optare per una superficie più rigida.

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